SULL'ORDINE DI BONIFICA ALLA SOCIETÀ NON RESPONSABILE DELL’INQUINAMENTO CHE HA INCORPORATO L’AUTORE DELL'ILLECITOE

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 ottobre 2019, n. 10 - Pres. Patroni Griffi, Est. Franconiero

Il deferimento all’Adunanza Plenaria, da parte della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, concerne la possibilità di ordinare la bonifica di un’area interessata da inquinamento di origine industriale risalente ad epoca antecedente a quella in cui l’istituto della bonifica è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico, nei confronti di una società non responsabile dell’inquinamento, ma di questa avente causa per effetto di operazioni di fusione per incorporazione. 

La vicenda ed il deferimento all’Adunanza Plenaria.

Nell’ambito del giudizio volto all’annullamento di un ordine provinciale, emanato ai sensi dell’art. 244 del c.d. Codice dell’Ambiente (d.lgs. n. 152/2006), di bonifica di un sito contaminato da cromo, si contendeva della legittimità di tale provvedimento, in ragione, da un lato, della circostanza che la previsione normativa relativa agli obblighi di bonifica è stata introdotta successivamente alla commissione dei fatti per cui era causa e, dall’altro, del fatto che il soggetto destinatario dell’ordine fosse, in realtà, mero successore delle società che avevano causato l’inquinamento, per aver incorporato una di esse a seguito di un’operazione societaria di fusione.

Soccombente avanti il Tar, la società destinataria dell’ordine di bonifica riproponeva le proprie censure al Consiglio di Stato, la cui Quarta Sezione rimetteva il ricorso all’Adunanza Plenaria che, per la decisione sulle questioni giuridiche sollevate, affronta tre punti controversi.

Il primo quesito: l’illecito ambientale come illecito civile.

Il primo quesito attiene alla possibilità di qualificare come illecito la condotta di inquinamento ambientale commessa prima che, nel nostro ordinamento giuridico, fosse introdotta la bonifica dei siti inquinati quale fonte di responsabilità civile per il suo autore.

Al riguardo, la Plenaria rileva che la disciplina relativa alla bonifica dei siti inquinati, oggi contenuta nel Codice dell’Ambiente, è stata introdotta in Italia sul finire degli anni Novanta (art. 17 d.lgs. n. 22/1997). La positivizzazione del danno all’ambiente si deve, invece, alla legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente (legge n. 349/1986, art. 18) che introdusse l’obbligo di risarcimento, a favore dello Stato, per l’autore di fatti che avessero compromesso l’ambiente, prevedendo, fra l’altro, che si tenesse conto, ai fini di determinare l’ammontare del danno,  del costo necessario per il ripristino dei luoghi e che, con la sentenza di condanna, si ordinasse, ove possibile, tale ripristino a spese del responsabile.

L’elaborazione di una nozione giuridica di ambiente, ad opera di dottrina e giurisprudenza, risale, tuttavia, ad epoca precedente: sin dagli anni Settanta, l’ambiente venne inteso quale bene giuridico autonomo ed unitario, oggetto di protezione giuridica contro le aggressioni umane, e diritto individuale, tutelabile attraverso la tecnica della responsabilità civile extracontrattuale prevista dall’art. 2043 del Codice Civile, fondata sul precetto generale secondo cui tutti sono tenuti al dovere di non ledere la sfera giuridica altrui.

Alla luce di ciò, l’Adunanza Plenaria afferma che, anche prima delle previsioni normative che hanno, dapprima, tipizzato il danno ambientale ed, in seguito, previsto l’istituto della bonifica, l’inquinamento ambientale era considerato un fatto illecito, ricondotto alla figura dell’illecito civile, regolata dal Codice Civile.

Il secondo quesito: è possibile ordinare la bonifica anche per fatti antecedenti l’entrata in vigore delle norme che regolano tale istituto.

Il secondo quesito attiene all’individuazione del rapporto intercorrente tra l’illecito ambientale delineato, come si è più sopra detto, sulla base delle disposizioni in vigore prima della previsione dell’istituto della bonifica, e la bonifica stessa ed all’indagine sulla possibilità di ordinare la bonifica anche per fatti antecedenti la sua introduzione a livello normativo.

In relazione a tale tematica, l’Adunanza Plenaria individua, sia nella figura dell’illecito ambientale che trovava tutela nel Codice Civile prima dell’entrata in vigore della normativa ha introdotto l’istituto della bonifica, sia in quello risultante da tale normativa, la medesima finalità ripristinatoria-reintegratoria: la bonifica, come il risarcimento da illecito civile, non persegue lo scopo di monetizzare la diminuzione di valore del bene ambiente, ma di consentirne il recupero a spese del responsabile.

È, invece, da escludersi, relativamente a tutti i rimedi menzionati, una funzione punitiva. Di conseguenza, non possono invocarsi i principi, invece tipici delle responsabilità afflittive, di irretroattività normativa e di applicabilità della norma più favorevole (principi che, in un caso quale quello di specie, avrebbero potuto condurre ad escludere di ritenere sussistente un obbligo di bonifica a fronte di condotte poste in essere quando tale istituto non era ancora stato introdotto nel nostro ordinamento).

In ragione di tale considerazione e tenendo presente che il danno ambientale, in quanto dotato del carattere della permanenza, perdura fintanto che persista l’inquinamento, l’autore dell’inquinamento rimane, per tutto il tempo intercorrente tra le condotte illecite ed il perdurare dell’inquinamento, soggetto alle conseguenze dell’azione illecita compiuta, secondo la successione delle norme nel frattempo intervenuta: in un caso quale quello di specie, prima l’obbligazione risarcitoria disciplinata dal Codice Civile, poi il ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 18, comma 8, l. n. 349/1986, infine gli obblighi di fare connessi alla bonifica del sito secondo la disciplina attualmente vigente.

Risolvendo il secondo quesito, l’Adunanza Plenaria afferma la possibilità di ordinare la bonifica dei siti inquinati anche a fronte di condotte che risalgano a prima dell’entrata in vigore delle norme che hanno espressamente previsto tale rimedio.

Il terzo quesito: è possibile ordinare la bonifica alla società, non responsabile dell’inquinamento, che sia subentrata alla responsabile per effetto di fusione per incorporazione.

Infine, l’ultimo quesito formulato dalla Sezione deferente riguarda la possibilità di trasmettere gli obblighi e le responsabilità conseguenti alla commissione dell’illecito per effetto di un’operazione societaria come la fusione per incorporazione.

La Plenaria, notando come, nella fattispecie, l’esame debba condursi alla luce della formulazione delle norme di riferimento (art. 2504 bis c.c.) antecedente la riforma del diritto societario, rileva come fosse indubbio, anche prima di tale riforma, che l’ente societario subentrato a quello estintosi per effetto dell’incorporazione acquisisse il patrimonio aziendale di quest’ultimo, comprensivo anche delle passività, e dunque dei debiti inerenti all’impresa esercitata attraverso la società incorporata.

Trattasi del principio espresso dal brocardo cuius commoda eius et incommoda che informa tuttora, come a quell’epoca, la disciplina delle operazioni societarie straordinarie.

La trasmissibilità dell’obbligazione risarcitoria non è poi messa in discussione dalla circostanza che, in un caso quale quello di specie, l’accertamento dell’illecito sia successivo all’operazione straordinaria, né tantomeno dal fatto che il sito da cui deriva l’inquinamento sia stato fatto oggetto di cessione d’azienda a soggetti terzi. Riguardo a tale ultimo aspetto, la sentenza in commento rammenta che, a norma dell’art. 2560 del Codice Civile, il cedente non si libera dei debiti da esso contratti, e tra di essi rientra quello relativo ad un illecito civile.

Peraltro, conclude la Plenaria, la successione civilistica negli obblighi inerenti a fenomeni di contaminazione dei siti e di inquinamento in casi di operazioni straordinarie con continuità d’impresa assolve la finalità di miglior tutela dell’ambiente: appare evidente che negare la trasmissibilità di tali obblighi consentirebbe di individuare un agevole sistema di elusione della responsabilità in tema di inquinamento.

Del resto, esistono strumenti giuridici, come la due diligence, in grado di rendere l’incorporante edotta di problematiche quali quella di specie, così da potersi tutelare a fronte di esse attraverso specifici istituti che il nostro ordinamento mette a disposizione.

In conclusione, l’Adunanza Plenaria riconosce la legittimità dell’ordine di bonifica del sito inquinato disposto nei confronti di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento.

Risolto in tal senso anche il terzo quesito, l’Adunanza Plenaria, non ritenendo necessario restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente, rigetta l’appello. 

 

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