SERVITÙ PREDIALI: SULLA TIPICITÀ DEI MODI DI COSTITUZIONE

Corte di Cassazione Sez. VI, n. 26255/2019 pubblicata il 16 ottobre 2019

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione si pronuncia sui modi di costituzione delle servitù prediali ponendo l’attenzione sul carattere tipico degli stessi e precisando che, nel giudizio volto all’accertamento dell’esistenza di una servitù, in mancanza di un idoneo titolo costitutivo, nessuna rilevanza assume il riconoscimento dell’esistenza della servitù stessa compiuto dal proprietario del fondo asseritamente servente. Del pari, in tale contesto, è irrilevante, ai fini di ritenere costituita la servitù, il fatto che, negli atti di provenienza del fondo dominante, si operi riferimento all’esistenza di tale diritto reale, senza che esso risulti imposto e trascritto a carico del fondo asseritamente servente.

La vicenda

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, i comproprietari di un fondo agivano in giudizio per vedere accertata la propria piena proprietà su di esso e, di converso, far cessare le turbative da parte dei proprietari di altro fondo limitrofo che, convenuti in tale giudizio, rivendicavano l’esistenza di una servitù di passaggio sul fondo degli attori.

Le domande attoree erano accolte in primo grado con sentenza che accertava l’esclusiva proprietà degli attori sull’area oggetto di causa e disattendeva le richieste dei convenuti. La sentenza era riformata in appello: in esito all’impugnazione era, infatti, accertata l’esistenza della servitù di passaggio in favore degli appellanti, convenuti in primo grado, a carico del fondo di proprietà degli appellati, attori in primo grado. Ciò sulla base dell’avvenuto riconoscimento del diritto reale di servitù da parte del proprietario del fondo che si riteneva servente e della circostanza che, in uno dei titoli di provenienza del fondo ritenuto dominante, risultava confermata l’esistenza della servitù di passaggio.

Le statuizioni della Corte di Cassazione

Adita dagli attori rimasti soccombenti in appello, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, si esprime ritenendo erronee le conclusioni della pronuncia di appello, soffermandosi in particolare sulla circostanza che i modi di costituzione di una servitù prediale sono tipici.

Dunque, la costituzione di una servitù può avvenire esclusivamente in una delle modalità previste dal Codice Civile che ne regola, altresì, i requisiti di forma e di opponibilità ai terzi.

Per tale ragione, se la servitù non è costituita in nessuna di tali tipiche modalità, risulta irrilevante il fatto che il proprietario del fondo pretesamente servente riconosca come fondata la pretesa del fondo dominante: perché la servitù si costituisca, a tale riconoscimento deve necessariamente seguire un negozio idoneo a far sorgere, da quel momento, la servitù in via convenzionale.

La mancanza di un idoneo titolo costitutivo, pur in presenza di un riconoscimento, nei termini anzi detti, dell’esistenza della servitù da parte del proprietario del fondo servente, impone all’organo giudicante di ritenere inesistente la servitù e di rigettare le domande volte al suo accertamento.

Aggiunge la Corte che, in un simile contesto, alcuna rilevanza può attribuirsi neppure all’eventuale atto (nella specie, l’atto notarile di compravendita del fondo dominante) che menzioni l’esistenza di una servitù a proprio favore sul fondo servente, laddove manchi una trascrizione pregiudizievole a carico di tale secondo fondo.

Invero, fermo restando che la servitù può costituirsi nei soli modi previsti dalla legge, è altresì indispensabile che, per il caso in cui essa sia stata costituita convenzionalmente, esista il negozio impositivo di tale peso a carico del fondo servente ed, altresì, che tale onere sia stato trascritto, così da renderlo opponibile ai terzi.

Conclusione

Alla luce del contenuto della sentenza in commento, affinché possa ritenersi esistente una servitù prediale, è necessario che la stessa sia stata costituita in una delle modalità previste dal legislatore. È, inoltre, necessario che siano rispettati i requisiti prescritti dal Codice Civile ai fini della validità della costituzione, nonché della opponibilità a terzi di tale onere reale.

Con il pronunciamento esaminato trova, dunque, conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale che, già in passato, ebbe modo di evidenziare come la tipicità delle modalità di costituzione delle servitù prediali, nonché la disciplina concernente i requisiti di validità ed opponibilità, impediscano di attribuire rilevanza a dichiarazioni, pure se rese in sede giudiziale, di riconoscimento dell’esistenza del peso in questione da parte dell’attuale proprietario del fondo servente (cfr., ex multis, Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 12 febbraio 2016, n. 2853; Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 25 novembre 1992, n. 12551).

Appare interessante, poi, notare che la sentenza in commento opera altresì riferimento ad un ulteriore precedente, nel cui contesto la Corte aveva avuto modo di soffermarsi, in particolare, sull’ipotesi in cui l’esistenza della servitù sia portata a conoscenza degli attuali proprietari dei fondi coinvolti per il tramite di un riferimento contenuto negli atti con cui essi avevano acquistato la proprietà di tali fondi. Secondo la Corte, al fine di ritenere opponibile agli aventi causa la servitù stessa, è necessario che in tali atti di trasferimento (ed in particolare, deve ritenersi, nel corpo dell’atto relativo al fondo servente) la servitù sia ben descritta, non ritenendosi invece a tal fine sufficienti frasi generiche o di mero stile (cfr. Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 31 agosto 2018, n. 21501).

 

Per approfondimenti: giulia@avvgiuliadallecarbonare.it