RIFIUTI ABBANDONATI E ORDINANZA COMUNALE EX ART. 192 T.U. AMBIENTE

Consiglio di Stato, II, 20.10.2020, n. 6326/2020

Il Consiglio di Stato torna ad esprimersi sull’applicazione dell’art. 192 D.lgs. n. 152/2006.

La vicenda.

I proprietari di un terreno concludono un preliminare di vendita con un terzo che ne entra immediatamente in possesso, come da pattuizione contrattuale.

Il terreno è, successivamente, oggetto di sopralluogo da parte dell’Amministrazione comunale che accerta la presenza su di esso di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi abbandonati.

L’Amministrazione diffida, quindi, i proprietari invitandoli a rimuovere e smaltire i rifiuti. Con memoria partecipativa, i proprietari comunicano alla P.A. di non essere responsabili dell’abbandono e la informano di aver consegnato il bene a un terzo, il promissario acquirente, sin dalla promessa di vendita effettuata anni prima.

Ciononostante, l’Amministrazione comunale notifica ai proprietari un’ordinanza, a firma del dirigente del settore, in cui intima la rimozione nel termine di 60 giorni, preannunciando in difetto l’esecuzione in loro danno.

I proprietari insorgono con ricorso al competente T.A.R., eccependo l’illegittimità dell’ordinanza per incompetenza del dirigente e per eccesso di potere sotto diversi profili, non potendo essere addebitata a loro alcuna responsabilità.

La sentenza di primo grado.

Il T.A.R., dopo aver disposto in via istruttoria l’acquisizione dei verbali degli accertamenti compiuti dall’Amministrazione, respinge il ricorso: l’ordinanza sarebbe stata correttamente adottata dal dirigente e i proprietari sarebbero stati responsabili per colpa omissiva, perché verosimilmente a conoscenza dell’abbandono dei rifiuti ma mai attivatisi, presso le autorità preposte, per il ripristino.

I proprietari propongono appello.

La sentenza del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato riconosce che, nella fattispecie, il potere esercitato dall’Amministrazione comunale è riconducibile all’art. 192 D.lgs. 152/2006 che introduce il divieto di abbandono di rifiuti.

Tale norma prevede, per colui che violi il divieto, l’obbligo di rimozione, recupero, smaltimento dei rifiuti stessi e il ripristino dell’area e dispone che, con l’autore dell’abbandono, rispondano solidalmente il proprietario e i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, se la violazione sia a loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dalle autorità preposte al controllo.

L’articolo prosegue precisando che spetta al Sindaco il potere di ordinare l’esecuzione delle operazioni entro un preciso termine.

Il Consiglio di Stato rammenta che la condanna del proprietario del suolo agli adempimenti di cui all’art. 192 cit. presuppone un serio accertamento della sua responsabilità, quantomeno colposa, che l’Amministrazione deve effettuare in contraddittorio con l'interessato: si esclude, infatti, una responsabilità da posizione.

Quanto alla possibilità di addebitare al proprietario una responsabilità per colpa omissiva, il Consiglio di Stato precisa che tale forma di colpa si ha qualora il proprietario ometta di adottare le cautele che, per l’ordinaria diligenza, risultano necessarie per impedire l’abbandono dei rifiuti (cd. culpa in vigilando).

Venendo all’esame del caso concreto, ritiene il Consiglio di Stato che, nel compiere gli accertamenti richiesti dall’art. 192 D.lgs. n. 152/2006, l’Amministrazione abbia omesso di valutare circostanze importanti e, in particolare, che i proprietari intimati, al momento dell’accertamento, risultavano ormai da anni privi della disponibilità del fondo interessato dall’abbandono di rifiuti: questa circostanza avrebbe dovuto condurre l’Amministrazione ad escludere la responsabilità per culpa in vigilando dei proprietari.

Quanto, poi, alla dedotta incompetenza del dirigente all’adozione del provvedimento gravato, sottolinea il Consiglio di Stato che il potere di adottare l’ordinanza ex art. 192 D.lgs. n. 152/2006 appartiene pacificamente al Sindaco.

In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie l’appello e il ricorso di primo grado e annulla l’atto gravato.

 

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